ROSSI DEL NORD 2019

Apprendere senza accorgersene. Questo il riuscito format delle serate di Viva il Vino, dove la didattica è “nascosta” fra emozioni e convivialità.

IMG_0968Così è stato anche in occasione dell’appuntamento con i Rossi del Nord, prima tappa del calendario 2019.

A partire dall’osservazione dei vini nei bicchieri: già solo a livello cromatico si è potuto cogliere quante diverse sfumature di rosso possono esserci e quanto macro siano le differenze che ci aiutano a distinguere per esempio un nebbiolo da un cabernet o da un merlot.

Per non parlare poi dei diversi mondi olfattivi e ancor più gustativi che si sono aperti IMG_0960confrontando vitigni dalle caratteristiche molto diverse, oppure gli stessi vitigni coltivati però in aree diverse o vinificati con tecniche diverse fino ad arrivare al vino dello stesso produttore, ma frutto di annate diverse!

Andiamo però con ordine nel ripercorrere brevemente la degustazione dei sei vini emozione, partendo dal Diedri Riserva di Dorigati, che è stata anche occasione per parlare della Piana Rotaliana, pianura alluvionale sul confine fra Trentino e Alto Adige e patria del Teroldego, vitigno autoctono circoscritto a questa area.

Dalle immagini proiettate si coglie il terroir particolare, fatto di una pianura di terreno leggero, limo e sabbia, circondata da maestose montagne che proteggono dai venti freddi e trattengono il calore estivo.

E’ qui che Michele e Paolo stanno portando avanti con carattere il lavoro figlio di più generazioni di una delle aziende storiche di Mezzocorona, a cui si deve anche la creazione di uno dei primi e più apprezzati Metodo Classico della Trento Doc, il Methius.

Tornando al Diedri Riserva, particolare selezione di uve da uno degli appezzamenti migliori e sapiente utilizzo della maturazione in legno, ne abbiamo colto soprattutto la bevibilità: vino fruttoso è proprio il caso di dire, con richiami speziati dolci e di liquirizia, al palato scorre morbido e beverino, suadente e con sensazioni dolciastre, mascherando così quella freschezza e tannino ancora ben presenti e che gli consentiranno una ulteriore evoluzione in bottiglia.

Caratteristiche totalmente diverse da quelle del vino successivo: diverso il colore, diversi i sentori, diversa la beva.

E’ il Barbaresco Canova di Fabrizio Ressia, che arriva da uno dei cru più interessanti della denominazione, Canova appunto, nel comune di Neive.

Tutto è più lento e meno pronto rispetto al precedente: vigneti che hanno molti anni, un vitigno, il nebbiolo, che ha bisogno di tempo, una lenta maturazione del vino – ben 34 mesi passati in botti grandi – e più tempo necessario affinchè possa esprimersi nel bicchiere, oltre che sicuramente ancora tanta vita davanti.

IMG_0963Un vino granato luminoso che fin da subito ci appare elegante, ma anche austero, sabaudo, convincente come solo un grande Barbaresco sa essere, pur noi non sapendolo… visto che le degustazioni avvengono alla cieca!

Olfatto con sfumature di viola e tanta frutta matura, ma è il sorso vibrante e di gran lunghezza a fare intuire quanta struttura ci sia nel bicchiere e quanto questo vino potrà ancora migliorare evolvendo.

Può essere soddisfatto della sua scelta di vita Fabrizio Ressia, che dal 1997 si è dedicato anima e corpo a un mestiere e a una produzione a basso impatto ambientale nel cuore delle Langhe. Anche perché non è bravo solo coi grandi classici: la sera dopo mi è capitato di degustare l’Evien, il suo moscato secco con affinamento in legno frutto di anni di studio e la platea a cui l’ho proposto è rimasta a bocca aperta (e bicchieri vuoti).

Lo “scherzetto” ai partecipanti ai Rossi del Nord è stato invece quello di proporre in degustazione anche la Riserva Canova e se già in pochi possono avere pensato di trovarsi nuovamente di fronte a un Barbaresco, probabilmente nessuno ha pensato potesse essere addirittura dello stesso produttore!

Con tre sostanziali differenze però: la provenienza da una specifica vigna, una resa nettamente inferiore a quanto già previsto dal disciplinare (siamo a meno di 30 quintali per ettaro) e infine la maturazione pressochè infinita, ben 52 mesi in botte.

Il risultato è un grandissimo vino, meravigliosamente balsamico e mentolato, che è arrivato a un passo dal podio, anche se probabilmente penalizzato dal contesto, dove quando si vota si tende a cogliere l’attimo più che a scegliere il potenziale.

Da un grande classico piemontese si passa al cosiddetto taglio bordolese, in versione Nord Est e non Tuscany visto il tema della serata.

Occasione sia per godere del piacere assoluto che tali vini sanno dare, sia per compararli con vini meno “facili” come quelli derivanti dal nebbiolo.

E’ anche l’occasione per raccontare un territorio poco noto, quello di Breganze, collocato fra colline moreniche nel vicentino, ai piedi dell’altopiano di Asiago.

E’ qui che siamo andati a scegliere il Cabernet Vigneto Due Santi dei cugini Stefano e Adriano Zonta, testimonianza di come a Bassano del Grappa si possa produrre uno dei vini rossi più interessanti dell’intero Nord Est, dall’ottimo rapporto qualità/prezzo.

IMG_0961Vino fra i più bevibili della serata, come d’altronde era lecito attendersi, ma anche vino dove il cabernet sauvignon (75%), assemblato con il cabernet franc e con un restante 10% di merlot, appare lieve nelle sue caratteristiche pungenze vegetali e speziate per lasciare invece spazio a frutta rossa e liquirizia, con un palato avvolgente e ingentilito di un tannino quasi dolce.

Vino di struttura, che piace: in testa a pari merito nella votazione alla cieca, perde qualche punto al voto successivo, ma chiude comunque al secondo posto, conquistando così l’accesso alla finalissima di dicembre. Risultato ancora più meritevole se si considera la classifica della serata estremamente corta, dove tutti i vini sono andati a punto.

Dal Veneto ci spostiamo in Valtellina e quindi torniamo al nebbiolo, da queste parti meglio conosciuto come chiavennasca.

Se gli appassionati enofili ben sanno che nei dintorni di Sondrio il nebbiolo raggiunge qualità eccellenti come in Langa, per i neofiti è spesso invece una scoperta sorprendente.

E’ stato così anche questa volta perché il Sassella Riserva di Walter Menegola non solo ha convinto, ma ha anche vinto, nel senso che è risultato il Vino Emozione della serata e quindi lo ritroveremo in finale a dicembre!

Appezzamenti letteralmente aggrappati alla montagna, una tradizione di famiglia centenaria, anche se poi Walter è solo dal 2006 che ha iniziato a imbottigliare piccole quantità per la Riserva, prima finiva tutto a Nino Negri, il nome famoso di Valtellina.

Il Sassella Riserva nasce da una vigna ultracentenaria, con una resa bassissima. L’uva prima di essere pigiata fa pure 20 giorni di appassimento, il vino invece 40 mesi di maturazione in botte e due anni in bottiglia perché “I vini escono quando sono pronti” ama dire Walter Menegola.

IMG_0966Vino etereo, fine, complesso, sapido e minerale, di struttura, con un equilibrio perfetto e un sorso appagante. Più votato in entrambe le tornate e quindi leader incontrastato non solo fra i nebbioli, ma anche nell’irrituale confronto con i vitigni internazionali.

Fra i quali al terzo posto finale ha chiuso il Rosso Carpino, l’ultimo vino in degustazione, il più suadente sia perché frutto di un 80% di merlot, sia perché addirittura dell’annata 2007 e quindi ben più che pronto.

Un vino dalla vinificazione particolare come tutti quelli della selezione de Il Carpino, azienda ben nota a Viva il Vino essendo già finita una volta in finale con la Ribolla Gialla alla serata I Bianchi del Nord, edizione 2016.

Ci troviamo in una enclave friulana ben nota agli amanti dei cosiddetti Orange Wine, i bianchi macerati e cioè la zona di Oslavia, al confine con la Slovenia, la terra di Josko Gravner per intenderci.

E se è vero che qui si producono vini bianchi spettacolari non è però vietato produrre pure rossi di gran pregio. Anche in questo caso come per i bianchi la caratteristica è una lunga macerazione che avviene in tini di legno aperti, sia per il merlot che per la restante quota di 20% di cabernet sauvignon, a cui poi seguono due anni di maturazione in botte, grande per il merlot, barrique per il cabernet. Dopo l’assemblaggio il vino resta minimo tre anni in bottiglia ad affinare.

Vino che viene prodotto solo nelle annate migliori, di color rubino impenetrabile e seducente all’olfatto, con la marasca a farla da padrona su chiodi di garofano e note speziate. Il gusto è il rosso che vorresti: tannini morbidi e setosi, la marasca che ritorna, ogni sorso una sensazione affascinante e diversa.

Perchè possiamo raccontarci di tutto sul fascino nascosto del nebbiolo, del pinot noir, etc… ma alla fine ci sarà un perché se il merlo ha una particolare predilezione per le bacche del merlot!

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