PINOT NOIR – 29 novembre 2011

Dev’essere vero che se entri in un’enoteca e chiedi una bottiglia di Pinot Nero, l’enotecario ti guarderà con occhi pieni di ammirazione, come fossi Tex Willer che entra al saloon, e io da ex enotecaria mi riconosco perfettamente e mi vedo complimentarmi per la scelta, pure con un leggero tremolìo nella voce. Già, perchè se c’è un vitigno appassionante e meraviglioso, pieno di incognite ma anche di raffinate conferme, quello è il Pinot Nero, nelle sue più varie declinazioni. Ci si arriva per gradi ad apprezzarlo, e mai si può dire di conoscerlo davvero, un tipo tenebroso e affascinante, una donna mediorientale col velo profumato di spezie e occhi profondi.

E’ così che noi di ViV nel discutere chi dovesse essere il primo nell’elenco di una lunga serie di Vitigni Nobili da trattare e proporre nelle serate di approfondimento, abbiamo scelto proprio il Pinot nero, una scelta di passione, di amore per la Borgogna e per quelle oasi nel mondo vitivinicolo italiano dove grandi Pinot nero hanno fatto e fanno la storia di un vitigno ostico e di un vino che è sempre una scommessa con la natura. Sebbene nel corso delle degustazioni non vorremmo mai parlare troppo, per lasciar spazio ai vini, alla fine i nostri relatori parlano sempre troppo, ma è talmente tanto l’entusiasmo di trasmettere, di comunicare il vino, che la nostra platea ci dovrà in qualche modo perdonare. La degustazione si è articolata in più fasi e più vini, che alla fine ci hanno dato un quadro abbastanza chiaro dal quale trarre su di tutte una sola informazione: ogni terroir è diverso e ahimè non si finisce mai di stupirsi per quanto questo sia vero; ci sono sfumature inaspettate, profumi intensi di frutti rossi che non credevi poter essere così dolci, e spezie mature, aria intrisa di incenso, di tabacco e di caffetteria, che non si possono dimenticare. Ho confermato la mia passione per il Barthenau di Hofstatter, così muscoloso e intenso, e riscoperto il Riserva Schweizer di Franz Haas, nel suo colore perfetto e nei suoi profumi generosi di frutta e pellame. Ho riprovato ammirazione per il Poggio della Buttinera di Travaglino, per quanto appena spento nei suoi toni caratteriali, molto diretto nell’espressione di un grande vino maturo di frutta al liquore e tannini levigati. Ho baciato la caramella e i frutti dolci del Les Baudes Borgogna Premier Cru di Chambolle-Musigny prodotto da Henri de Villamont annata 2006, che nella sua leggiadria e nello stile ‘francese’ che nulla ha a che vedere col resto del mondo, mi ha sorpreso e divertito. Ma più di tutti ho amato il Fortuni 2007 di Podere Fortuna… caldo e avvolgente di spezie e frutta matura, un po’ timido all’inizio, col passare dei minuti si dichiarava sempre di più, e all’assaggio ha confermato tutte le impressioni di eleganza e maestria che prometteva già alla vista. Non sono mai stata filo-toscana, ma questa volta è il Fortuni che sale sul podio più altro nella mia personale classifica della serata.

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