I GRANDI BIANCHI DEL NORD 2017

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Comincia il viaggio di VIVA IL VINO alla ricerca del VINO EMOZIONE 2017. 

Siamo partiti dai grandi vini bianchi del Nord Italia nella nuova location della Vineria Ristorante Perbacco di Pinerolo, scelta che ci consente sicuramente di offrire con la degustazione dei vini anche dei piatti in abbinamento frutto della preziosa mano dello Chef Ricky Cavallaro che ha sposato il nostro progetto per questa stagione.

L’arrivederci alla sede del Museo del Gusto che aveva fin qui accompagnato il nostro percorso sembra aver incontrato i favori dei nostri soci e della platea perchè stando seduti a tavola anzichè dietro un banco di un’aula l’atmosfera si fa sicuramente più conviviale e informale.

Ecco cosa abbiamo selezionato e degustato, fra immagini, cibo, musica e parole.

PIGATO – LA VECCHIA CANTINA Fam. CALLERI

IMG_4156I terreni collinosi delle vigne sono ai limiti con l’abitato di Albenga, quindi sul mare, ma lo scenario circostante sembra montano. Davvero particolare il contesto dove nasce il Pigato della Vecchia Cantina della famiglia Calleri, da ceppi che hanno oltre 30 anni.
Umberto Calleri è stato fra i primi in Liguria a credere nel pigato e ora superati gli 80 anni ha passato il testimone alla figlia Paola. Che riesce a emozionarci: una maturazione in acciaio fino a gennaio con permanenza del mosto sulle fecce e utilizzo del batonnage danno corpo a questo vino solo all’apparenza esile, ma intenso e incantevole per la delicatezza dei profumi.
Forse è proprio questa apparente semplicità al cospetto di una piacevolezza di beva a premiarlo rispetto agli altri bianchi ben più strutturati e meno immediati : perchè per la platea di Viva il Vino che degusta alla cieca questo Pigato è degno di staccare uno dei due biglietti per la finale di dicembre !

FRIULANO TOC BAS – RONCO DEL GELSO

IMG_4157Bere vini che arrivano dalla zona di Cormons è sempre una certezza di qualità per noi di Viva il Vino. Il terroir unico e la mano di Giorgio Badin titolare di Ronco del Gelso danno però qualcosa in più al Toc Bas che arriva dalla parte bassa appunto di Cormons, quella della sottozona Rive Alte. Vino di grande struttura e altrettanta longevità, che è quasi un peccato degustare così giovane. Da uve Friulano, segue uno stile di vinificazione tradizionale in acciaio per poi maturare 12 mesi in botti di rovere. La mineralità, la complessità aromatica fatta di profumi anche terziari, la morbidezza in bocca malgrado una sapidità e una freschezza che vorrebbe prevalere ne fanno davvero un ottimo esempio di cosa si intende a proposito di grandi bianchi del Nord

LANGHE ROSSESE BIANCO – JOSETTA SAFFIRIO

IMG_4158Josetta Saffirio e il marito Roberto Vezza, enologi, già nel 1975 decisero che avrebbero dato vita alla produzione di un grande barolo con una piccola azienda nel cuore delle Langhe. Non potevano però sapere che tempo dopo la figlia Sara a soli 22 anni avrebbe deciso di proseguire il loro cammino riportando l’azienda di famiglia ai successi dei genitori. Ma qui raccontiamo invece la storia veramente atipica di un vino bianco che nasce da un vitigno autoctono e poco conosciuto di origine ligure, il rossese bianco, finito nelle Langhe grazie alla Via del Sale e recuperato verso la metà degli anni ’70.

Chissà cosa avrà pensato Sara quando abbiamo selezionato la sua azienda alla serata dei grandi bianchi del Nord anzichè contattarla per quella dei rossi! E invece il suo vino con lo gnomo in etichetta, per la nostra platea è risultato essere il Gigante fra i giganti: VINO EMOZIONE della serata e qualificazione alla finale di dicembre.

Di personalità, complesso al naso, strutturato in bocca, dal meraviglioso finale. Certo non è un bianco qualsiasi: uve raccolte quasi in vendemmia tardiva, qualche grappolo attaccato dalla muffa nobile, fa una breve macerazione e una fermentazione parzialmente in legno dove poi vi resta per ben 12 mesi sulle fecce, con batonnage settimanali. E d’altronde se la mano è quella di uno dei migliori produttori di Barolo non è che poi con il vino bianco ci si mette a fare vini ordinari e dozzinali! 

NOSIOLA – SALVETTA

IMG_4159La famiglia Salvetta da generazioni coltiva la nosiola, altro vitigno autoctono non così comune, come quasi sempre accade nelle serate di Viva il Vino. E Francesco, che inizialmente pensava di fare il commercialista, quando ha deciso di tornare in campagna lo ha fatto seguendo le antiche tradizioni. E cioè è l’unico oltre alla famosa Elisabetta Foradori a vinificare la nosiola sulle bucce: ben una settimana di macerazione in ambiente inox, poi la fermentazione e la maturazione in botti di legno sulle fecce per un anno e poi un altro anno di bottiglia. Il risultato è che se la nosiola classica è un vino semplice, neutro, da bere giovane, noi ci siamo trovati di fronte a un pezzo da 90 fra i bianchi italiani: estremamente espressivo, con sentori molto complessi e particolari e una struttura quasi da rosso al gusto.
Una di quelle chicche per cui sono famose le nostre serate e peccato non poter fare qualificare tutti i vini alla finale di dicembre perchè sarebbe stato bello poterlo degustare nuovamente

DONA’ BLANC – HARTMANN DONA’

IMG_4160 Viva il Vino vuol dire vignaioli artigiani e Hartmann Donà ne è uno degli interpreti perfetti. A cominciare dal lavoro che fa in vigna, in una delle aree di cui siamo da sempre innamorati, quella dell’Alto Adige fra Caldaro e Terlano, due enclavi della migliore produzione bianchista italiana.

E Hartmann ne è perfetta interpretazione perchè il suo Donà Blanc è prodotto per un 60% con il pinot Bianco che arriva dal meranese, mentre il restante 40% è chardonnay coltivato sopra Cortaccia, paese all’inizio dell’area del lago di Caldaro e  quindi questo vino è proprio l’unione delle due distinte zone dell’eccellenza atesina.  E anche in cantina l’unione avviene solo dopo una vinificazione e una maturazione separata dei due vini, entrambe in legno e per ben dodici mesi. A cui poi segue un altro anno in botte grande dopo l’assemblaggio. Vino che ha il tempo fra gli alleati perchè il Donà Blanc si presta a lunghi invecchiamenti, è risultato essere sicuramente il più strutturato e importante fra i vini in degustazione. Gustoso e vellutato in bocca, suadente al naso, proprio come i grandi bianchi di Borgogna. Va a sapere perchè non è andato in finale, forse per smentire il nostro socio Carlo, che sostiene che alla fine la platea premia sempre i vini che fanno un massiccio utilizzo del legno rispetto a quelli figli del solo acciaio.
Ebbene, questa volta non è andata così!

Prossima tappa del nostro viaggio: i rossi del Nord

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