I Grandi Bianchi del Nord – marzo 2016

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Secondo appuntamento con i vini dell’emozione 2016, un viaggio alla scoperta dei terroir da cui nascono i vini bianchi del Nord Italia, una panoramica dalle Alpi al mare per cogliere sia le tipicità del monovitigno che la raffinatezza dei blend, in un percorso gustativo che come sempre è stato ricco di sorprese.

IMG_0242Emozioni e sorprese che sono arrivate anche dai numeri, perché non tutti sapevano che l’Italia produce più vini bianchi che rossi e che le regioni del Nord arrivano quasi al 50% della produzione dei bianchi italiani: la parte del leone spetta al Nord Est come era logico attendersi, ma non con proporzioni così schiaccianti. E se il Friuli è riconosciuto come la patria dei bianchi sia in qualità che in quantità, nessuno immaginava che degli 8 milioni di ettolitri prodotti dal Veneto ben 6 fossero bianchi, anche se il dato è sicuramente condizionato dalla produzione sempre più a fiumi del prosecco.

IMG_0247Poi la parola è passata ai vini nel bicchiere, dalle diverse sfumature di colore, dal paglierino scarico all’oro antico. E dovendo procedere alla cieca nella scelta del vino emozione della serata, la platea è subito chiamata a votare, in un confronto da cui usciranno i due vini qualificati alla finale di dicembre, basato esclusivamente sulle emozioni che ogni vino sa trasmettere al singolo partecipante.

Un confronto che come era logico attendersi ha diviso i votanti, visto che tutti e sei i vini avevano un motivo o anche più per emozionare: basti pensare che quello che ha emozionato più persone non ha però raggiunto un punteggio sufficiente per accedere alla seconda degustazione in cui si sono confrontati i tre vini con la somma di punteggio più alta.

Ma quali sono stati i protagonisti di questa serata, chiamati a raccontare l’Italia del Nord?

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Il viaggio è cominciato in Piemonte, nel cuore del Barolo e più precisamente a La Morra. Il vitigno è la Nascetta, già presente anticamente nell’area di Novello e di recente recuperata grazie alla passione di un ristretto gruppo di produttori. Uno dei vini più pronti della serata, delicato al colore, con sentori di frutta matura e fiori bianchi, mentre in bocca una buona freschezza, mineralità e anche una nota mandorlata notata dai più accorti. Un vino frutto di una macerazione sulle bucce di 3-4 giorni a cui fa seguito una lunga maturazione sulle fecce in acciaio: una piacevole scoperta per la maggioranza dei partecipanti che lo hanno assaggiato per la prima volta.

IMG_0266A produrlo è l’azienda agricola di Giuseppe Ellena, tre generazioni che ancora lavorano fianco a fianco coniugando quindi antiche tradizioni e innovazione: una produzione complessiva di 20.000 bottiglie annue divise tra i vitigni simbolo della zona (su tutti il Barolo) e ottime prospettive future a giudicare dall’intraprendenza e dall’amore per la vigna del giovane Matteo.

La seconda tappa del nostro itinerario ci porta a Nord-Est, il Friuli è una regione di estrema importanza per i bianchi e noi ci fermiamo nell’ area di eccellenza, il Collio. Dal bicchiere arrivano profumi ricchi e intensi, ma è soprattutto in bocca che il vino rivela tutta la sua complessità con un lunghissimo finale minerale.

Grande freschezza, morbidezza e una persistenza che sembra non svanire mai.

IMG_0267Si chiama Collio, come il territorio che vuole rappresentare in tutta la sua essenza, il vino di Edi Keber e viene prodotto nel cru Zegla a Cormons da un assemblaggio di Tocai Friulano, Malvasia e Ribolla Gialla. Non è un caso: la filosofia aziendale di Keber è il concetto di zona e non di vitigno, perchè le varietà si possono piantare in molte aree differenti, ma il territorio non è riproducibile. E così le 50.000 bottiglie aziendali confluiscono tutte in quest’unica etichetta, che ha il compito di portare il terroir del Collio nel mondo.

Particolare anche il fatto che in cantina la vasche di cemento usate per la fermentazione e la maturazione non vengono divise in base alla tipologie delle uve in esse contenute, bensì in base alla loro provenienza rispetto alle sottozone del vigneto, perchè come ci racconta il figlio Kristian ” si deve parlare della terra, non della barbatella”.

Il terzo vino è l’omaggio al grande Veneto, a confermare ancora una volta che anche dove i numeri sono grandi, come nel caso della produzione del Soave, l’eccellenza emerge. Non per nulla i bianchi prodotti nella zona collinare di origine vulcanica del Soave classico, da uva garganega, sono fra i vini più interessanti del nostro Paese. Nella degustazione emergono note sapide che accompagnano tutto l’assaggio, ma troviamo anche complessità sia al naso che in bocca, con una lunga persistenza finale.

IMG_0268Si capisce che questo Soave è un cavallo di razza. E come potrebbe essere altrimenti, visto che si parte da uve vendemmiate tardivamente a metà ottobre e dopo la fermentazione si lascia maturare il vino quasi un anno sui propri lieviti. Un vino che rappresenta l’eccellenza della cantina Tamellini, frutto del miglior vigneto aziendale, il cru collinare di Costeggiola. Una lunga tradizione familiare che si concretizza nel 1998 con la creazione da parte dei due fratelli della propria cantina, perché uve curate in maniera così meticolosa meritavano di essere vinificate in proprio anziché finire alla cantina sociale; oggi ne vengono prodotte 250.000 bottiglie, di cui solo 10.000 del Le Bine di Costiola che abbiamo avuto il piacere di degustare come testimonial del Veneto.

Il quarto vino in degustazione ha un notevole percorso evolutivo; all’inizio sembra chiuso e ridotto al punto da dividere la platea in due correnti di pensiero, con il tempo rivela un dinamismo incredibile. Col trascorrere dei minuti si concede sempre di più e dopo mezz’ora ha mostrato una evidente complessità di profumi: sono davvero tante le IMG_0269sfumature da cogliere in quello che la platea definisce un vino “vivo”. Anche il colore cambia dai precedenti virando su un giallo dorato con riflessi ramati, le note di frutta si mischiano con quelle balsamiche e di macchia mediterranea, in bocca è avvolgente e di lunga durata. E’ un vino più evoluto rispetto agli altri assaggi: se prima in degustazione avevamo le ultime annate in commercio, adesso abbiamo nel bicchiere un vino del 2012, prodotto con uve Vermentino lasciate a macerare quel tanto che basta ad estrarre gli aromi che esprimono il territorio a cui fan seguito ben due anni in acciaio sulle fecce prima dell’imbottigliamento. A produrre il Carlaz è Walter De Battè, vigneti a cavallo tra le Cinque Terre e le colline sopra Carrara da cui provengono vini fortemente espressivi, frutto della vicinanza al mare, dei terreni rocciosi e della grande biodiversità della zona. Una piccola produzione, al di sotto delle 10.000 bottiglie, davvero una chicca della riviera ligure di levante.

Parlando di bianchi non poteva certo mancare l’Alto Adige, che arriva col quinto vino. Per rappresentarlo abbiamo selezionato le colline sopra il lago di Caldaro, con una particolare riserva prodotta dal vignaiolo Josef Solva. Un bel colore dorato intenso prima di lasciarsi conquistare dalla complessità degli aromi e da una morbidezza ben bilanciata dall’acidità, per un vino ricco e di struttura.

IMG_0270Anche in questo caso il vino è frutto di un assemblaggio di vitigni caratteristici della zona: il Pinot Bianco trova su questi terreni calcarei il suo habitat ideale e le migliori uve aziendali, insieme a Sauvignon e Chardonnay che sono alla base del Mondevinum Bianco, di cui stiamo degustando l’annata 2012. Un vino ottenuto da una fermentazione e una maturazione in tonneau sulle fecce per un anno.  Niklaserhof è una piccola realtà familiare che produce 40.000 bottiglie, dove più generazioni lavorano insieme; dopo un passato da conferitore di uve, infatti Josef decise di produrre il vino in proprio dagli anni Novanta, con l’ingresso in azienda del figlio.

Eccoci al finale: un color ambra carico con riflessi aranciati annuncia il sesto e ultimo vino, diverso dai precedenti sia alla vista che al gusto. All’olfatto ricordi di mondi lontani che lasciano spazio alla fantasia nel catalogare i sentori, al gusto quasi una sensazione tannica da vino rosso, ma anche eleganza e complessità. E in effetti a un grande vino rosso lo accomuna anche lo stile di vinificazione, ben quarantacinque giorni di macerazione sulle bucce per questa versione riserva!

Siamo tornati in Friuli, non per nulla patria dei bianchi, dove si osano anche stili di vinificazione particolari.

IMG_0279Come per questa Ribolla Gialla, la cui vendemmia viene protratta anche fino a metà ottobre per avere un’uva completamente matura e se possibile con un accenno di muffa nobile, poi ecco la fermentazione in tini conici aperti all’aria dove il vino rimane sui lieviti per una anno e infine una decantazione naturale e ben due anni di bottiglia. Il millesimo in degustazione è del 2011, ma questo è un vino dalla lunga vita. A produrre questa chicca dell’enologia friulana è nuovamente una piccola azienda familiare, Il Carpino, da vecchi vigneti e secondo la più autentica tradizione di San Floriano e Oslavia.

Sicuramente nel contesto della serata è un vino bianco al di fuori dal comune, il vino che non ti aspetti, ma davvero emozionante per tutto ciò che rappresenta.

Ed è proprio lui il vino di cui dicevamo sopra, quello che nella votazione alla cieca ha emozionato il maggior numero di persone, ma non ha realizzato un punteggio complessivo sufficiente ad arrivare in finale, proprio perché è un vino estremo: o ti colpisce positivamente oppure lo metti in coda preferendo sentori e gusti più omologati.

Punteggio più alto che invece è andato all’altro vino friulano della serata, il Collio di Edi Keber, eletto dunque vino emozione fra i bianchi del Nord e qualificato alla finale di dicembre del “vino emozione dell’anno” insieme all’alto atesino Mondevinum di Niklaserhof, secondo classificato.

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