I bordeaux d’Italia

Una serata nata con l’obiettivo di mostrare quante eccellenti interpretazioni dei vitigni bordolesi Cabernet e Merlot ci siano anche nel nostro Paese, vini che non sono dei cloni dei cugini d’Oltralpe ma che hanno una propria identità, espressione di un preciso terroir. E come sempre più spesso accade nei nostri incontri, ci sono state molte piacevolissime sorprese!

Così, se è vero che il filo conduttore del 2014 “Davide e Golia” ci ha guidato nella selezione dei produttori mettendo a confronto da una parte realtà più grandi e blasonate e dall’altra aziende più giovani ed emergenti, la contemporanea degustazione alla cieca di tutti  i vini ci ha subito fatto capire di avere davanti sette eccellenze fra le quali sarebbe stato davvero difficile dire chi non dovesse salire sul nostro podio delle nostre personali emozioni. Secondo la nostra platea tutti i campioni in assaggio, chi per un motivo e chi per l’altro, dimostrano di poter essere scelti. Si capisce da subito una sfida intensa ed affascinante.

Partiamo, però, cercando di capire innanzi tutto le caratteristiche del Cabernet Sauvignon, vitigno a maturazione tardiva che si presenta con acini a buccia spessa, intensità di colore e di sapore, tannino evidente e discreta base acida. Al naso caratteristici sono i sentori di frutta a bacca nera e quelli vegetali, in primis peperone, mentre in bocca percepiamo una certa masticabilità e un gusto robusto. Nei vini di qualità il colore evolve molto lentamente, di un bel rosso rubino nei primi anni di vita, tende al granato solo molto in la nel tempo. La tipica astringenza tannica viene compensata da un sapiente uso della barrique e dall’alcolicità sempre piuttosto marcata. Lo troviamo molto spesso assemblato con il Cabernet Franc, con cui forma una coppia perfetta bilanciandosi a vicenda .

Nel Merlot troviamo acini con buccia più sottile, molto colore, ma soprattutto un’intensa nota fruttata e tanta morbidezza. I tannini sono vellutati, in bocca c’è una bella sensazione di rotondità tanto che a volte i vini vengono simpaticamente definiti “piacioni”, proprio perchè incontrano facilmente i gusti di un pubblico più allargato. Il Merlot ha standard qualitativi mediamente elevati in tutte le annate, per questo può essere un ottimo supporto la dove il cabernet sauvignon è stato penalizzato dall’andamento climatico stagionale.

Così mentre Massimo finisce di spiegare che in Italia le zone più vocate per i vitigni bordolesi sono l’intero Nord Est, la Toscana e la Sicilia, la serata entra nel vivo. Sui monitor dell’aula degustazione campeggia una slide che riporta una frase del Marchese Incisa della Rocchetta, il padre del Sassicaia  ” I grandi vini sono come i cavalli migliori, sempre un incrocio di razze”.

Siamo pronti per iniziare la degustazione, i vini sono ormai nei bicchieri da una ventina di minuti e hanno avuto modo di aprirsi.

Cercando di mettere da parte la razionalità, giochiamo con le nostre emozioni, cogliamo sensazioni e le cataloghiamo per individuare i tre assaggi che portiamo sul nostro podio ideale. La scelta è ardua, ma dopo cinque minuti arriva il primo verdetto, passano il campione 1, il 4 e il 7. Ma siccome i vini sono tutti straordinari, chiediamo alla platea di recuperarne uno e così anche il campione numero 2 passa il turno. Dopo le semifinali il podio è completo, il bronzo va al campione numero 2, l’argento al 7 e l’oro, per un voto soltanto se lo aggiudica il campione numero 1!

Incredibile questo confronto, davvero serratissimo, tutti vini di altissimo livello che hanno saputo farsi amare.

Con una degustazione più approfondita, iniziamo a svelare questa squadra di Magnifici Sette.

Partiamo dal campione numero 3, colore rubino con unghia appena granata, tanta materia colorante che non si legge attraverso, bellissima lucentezza e luminosità. Guardando il bicchiere percepiamo anche una certa freschezza, ci chiediamo se il vino potrebbe essere giovane. Il naso è molto elegante e delicato, riconducibile più a sentori fruttati che non vegetali. In bocca armonia, finezza e persistenza. Il nostro socio Carlo afferma che si sente la leggerezza del terroir, che è sicuramente Nord. Quando togliamo l’alluminio dalla bottiglia ci rendiamo conto di essere davanti ad uno dei mostri sacri dell’enologia italiana, Tenuta San Leonardo con il San Leonardo 2007, vino giudicato dalle guide del settore tra i migliori sei in Italia nel 2013. Della serie chi ben incomincia è a metà dell’opera!

L’uvaggio è costituito da Cabernet Sauvignon per il 60%, Carmenere per il 20% con saldo di cabernet franc e merlot. Dopo alcuni mesi in tini di cemento i vini maturano separatamente per 18-24 mesi in barrique e affinano almeno un anno in bottiglia prima della commercializzazione. Siamo in provincia di Trento, nella zona anticamente chiamata Campi Sarni, dove terreni a bassa fertilità e ben drenati danno vini ricchi di antociani. Un’azienda che rappresenta uno dei capisaldi dell’enologia italiana.

Passiamo a quello che nella nostra iniziale sequenza di assaggi era il campione numero 5. Il colore lo rende impenetrabile, guardandolo a bicchiere inclinato verrebbe da dire più giovane del precedente. Opinione comune tra i presenti dopo che al naso, ma soprattutto in bocca, il tannino e l’astringenza sono più evidenti rispetto al San Leonardo. Carlo sottolinea che questo vino non spicca per elementi particolari, ma ha un bell’equilibrio d’insieme, confermando in bocca le aspettative che derivano da un esame olfattivo.

Via l’alluminio e scopriamo di essere in Toscana da Nguyen e Franco Batzella, la zona è quella di Bolgheri, il vino è il Rosso Superiore Tam annata 2009. L’uvaggio al 65% cabernet sauvignon e al 35% cabernet franc ci spiega anche la maggior tannicità rispetto al campione precedente, che viene comunque compensata dai quattordici gradi alcolici. Vino che ha ancora vita lunga davanti a se.

L’azienda è stata fondata solamente nel 2000, ma è già una delle realtà più promettenti del territorio. La storia è particolare, una di quelle che piace raccontare a noi di Viva il Vino: una signora orientale che incontra il futuro marito lavorando nell’alta finanza in America e che insieme decidono di trasformare la loro passione per il vino in un’attività concreta… per loro e nostra fortuna!

Il campione numero 6 ci colpisce subito per la meravigliosa lucentezza, poi impenetrabilità, materia molto ricca. Naso particolarmente intenso con sensazioni legate a piccoli frutti rossi ma anche a qualcosa di più vegetale e ad una nota balsamica. Si riscontra una maggiore morbidezza e una nota alcolica più elevata rispetto agli assaggi precedenti. Tutto questo sarà dovuto al fatto che il vino proviene da una regione del Sud o da una presenza più marcata del merlot nell’uvaggio?

La risposta non tarda ad arrivare, via l’alluminio e scopriamo di avere nei calici uno dei miti dell’enologia italiana nel mondo, il Montevetrano di Silvia Imparato. Cabernet sauvignon 60%, merlot 30% e aglianico 10% che fermentano in inox e maturano in barrique nuove per 12-14 mesi. La gradazione alcolica che sentivamo marcata, scopriamo essere a 14.

Siamo nel 1994 a San Cipriano Picentino in provincia di Salerno, un gruppo di amici accomunati dalla passione per il vino di qualità decide di concretizzare il sogno comune in un momento storico in cui i vini culto di riferimento erano i bordolesi. Un grande successo, che oggi si traduce in un’elevata richiesta di bottiglie a livello internazionale a fronte di una limitata disponibilità in quanto l’azienda ne produce circa 25.000 all’anno.

Una bella fortuna per i soci di Viva il Vino averlo potuto assaggiare al Museo del Gusto di Frossasco!

Il campione numero 4 rappresenta ciò che didatticamente ci si aspetta da un Cabernet,  al naso sentori più vegetali che fruttati, una pungenza, comunque piacevolissima. Max Wine ci dice che questo vino lo ha particolarmente colpito, dalla platea emerge che per alcuni è il migliore. Se pensiamo ai Nebbiolo e ai Pinot come quei vini che rappresentano l’eleganza e ai Cabernet come quelli che hanno materia e sostanza, bè questo tra quelli assaggiati finora è sicuramente il più “masticabile”. Ha più concentrazione, per certi versi è più ricco e strutturato. Pur non essendo sbilanciato, ci fa notare la nostra socia Alessandra come l’asse si sposti più sulle morbidezze, con una evidente nota alcolica. Un vino meno complesso del precedente, forse vuole essere più di pronta beva e ci riesce perfettamente. Qualcuno dice Sud, qualcuno Lazio…e alla fine siamo in Toscana!

Siamo da Tenuta di Trinoro e quello in assaggio è Le Cupole 2011. Cabernet Franc al 66%, merlot 20% con saldo di cabernet sauvignon e petit verdot, maturazione tra cemento e barrique, con ben 15 gradi alcolici. Andrea Franchetti è considerato uno dei talenti imprenditoriali più innovativi che l’Italia del vino abbia avuto, per primo ha creduto nelle potenzialità enologiche della Val d’Orcia e oggi produce vere chicche per appassionati di tutto il mondo. Non possiamo che esserne felici!

Siamo arrivati al podio delle emozioni. Sul terzo gradino c’è il campione numero 2, quello che da subito è sembrato il più pronto, il più “piacione” con il suo naso ricco di frutta. Mauro ci fa notare come di questo al ristorante ne berresti una bottiglia, mentre con gli altri ti fermi al bicchiere o poco più. Per certi versi il più semplice della serata ino ad ora,  ma per certi versi uno dei più piacevoli e pronti da bere, il meno cabernet sauvignon tra tutti.

Scopriamo le carte, siamo da Manincor, una delle più belle aziende dell’Alto Adige e il Cassiano 2011 è il primo vino a salire sul podio. Merlot al 50%, cabernet franc al 30% con saldo cabernet sauvignon e altri vitigni internazionali, fermentazione in legno e maturazione per circa 18 mesi in barrique, gradi alcolici 13,5.

Manincor segue con fermezza le pratiche della biodinamica e una viticoltura orientata verso la sostenibilità, che non è solo frutto di mode passeggere. Daniela ci racconta che qualche anno fa aveva visitato la cantina ed era stata colpita dai tanti fiori di campo ed erbe spontanee che si vedono in primavera tra i filari. Alessandra ci confessa che è una delle sue aziende del cuore. Un bronzo di tutto rispetto!

Secondo posto per il campione numero 7, che aveva affascinato molti per la complessità, anche se poteva risultare meno pronto di altri. Qui si percepisce di nuovo la pungenza legata al cabernet, sentori meno facili, più vegetali ed erbacei. Forse è proprio questo ciò che il vino vuole esprimere. In bocca grande struttura, potenza e un bell’equilibrio.

La sorpresa arriva quando scopriamo che rispetto all’assaggio precedente abbiamo fatto solo pochissimi Km perchè da Caldaro ci siamo spostati ad Egna!

Peter Dipoli con il suo Iugum ha entusiasmato molti dei presenti. Merlot e Cabernet Sauvignon che fermentano in legno, passano in barrique per un anno e poi il vino affina ben 24 mesi in bottiglia prima della vendita, che avviene quattro anni dopo la vendemmia.

Profondo conoscitore del mondo enologico, alla fine degli anni Ottanta Peter Dipoli realizza il suo sogno di creare una propria azienda in cui produrre grandi vini di territorio. E come abbiamo potuto constatare ci riesce benissimo!

E finalmente arriviamo al gradino più alto del podio che coincide anche con il campione numero 1. Subito in evidenza il bellissimo bouquet che ha le note vegetali e la pungenza del Cabernet, ma anche quelle suadenti e molto fruttate. Un pò più penalizzato forse nel colore, che rispetto ad altri perde in lucentezza.

Ai presenti viene chiesto perchè è il vino emozione. Qualcuno ne sottolinea la particolarità, altri l’intensità e la complessità, altri la “piacioneria”. Secondo Mauro è quello che si discosta di più dai classici, da quelli “nati per vincere”. Ciò che accomuna tutti è che sia al naso che in bocca si distingue dagli altri, forse proprio per questo potrebbe essere classificato come il meno Cabernet della serata. Intanto ogni volta che riportiamo il naso al bicchiere emergono nuovi e piacevoli sentori. Magari sarà meno longevo di altri dice qualcuno dalla platea, ma in questo momento è buonissimo.

Siamo nelle Grave del Friuli, a Valvasone, dove l’azienda Borgo delle Oche produce questo rosso Svual, merlot 70%, cabernet sauvignon 30%, con 24 mesi in barrique sui lieviti.

Luisa Menini, consapevole della qualità delle sue uve, nel 2004 decide di fondare l’azienda e di vinificare in proprio.L’obiettivo è costruire una filiera produttiva completa e di qualità, valorizzando i vitigni che ben si adattano alla zona. Svual in dialetto locale vuol dire volo, in effetti un bel volo lo ha fatto questo vino… dritto sul gradino più alto del podio delle nostre emozioni!

Nella chiacchierata di fine serata ci si chiedeva se alla fine la “piacioneria” premia, visto che ha vinto il più merlot tra tutti. Ma alla fine, come ci ricorda saggiamente Carlo, non sono forse lo Chateau Petrus e il Redigaffi di Tua Rita dei Merlot in purezza?

Una bella riflessione che non abbiamo fatto a stomaco vuoto perchè la nostra super chef Vale ci ha deliziato con varie prelibatezze, tra cui uno strepitoso arrosto di maiale arrotolato nella pancetta accompagnato da riduzione di vino rosso.

E piacioneria o no…… è stata una serata memorabile!

Comments

  1. Ne siamo davvero felici! Per noi la soddisfazione è ancora maggiore per la caratura dei vini in degustazione, il merlot è sempre uno dei vitigni più interessanti al mondo. Vi aspettiami al Vinitaly

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