Emozioni 2018 in Rosso: il CENTRO

Di Massimo Sainato

Tuscany rules.

La Toscana domina nella serata di degustazione più partecipata di sempre di Viva il Vino, quella di mercoledì 3 ottobre, dedicata ai grandi ROSSI DEL CENTRO.

image00007Sarà stata astinenza (l’appuntamento precedente si era tenuto nello scorso mese di luglio), sarà stata una serie di circostanze fortuite, fatto sta che la grande sala Monviso 1 dell’Hotel Barrage ha fatto registrare il pienone.

E la platea allargata ha scelto in maniera netta di mandare alla finale di dicembre di Vino Emozione 2018 i due rappresentanti la Toscana. Pensare che avevamo selezionato quella meno nota, con due denominazioni che la maggioranza dei presenti non aveva mai degustato (e forse nemmeno mai sentito): Montecucco Docg e Carmignano Docg.

Ma andiamo con ordine.

Consueta apertura con tutti e cinque i vini nei calici per la votazione alla cieca, e qui i due toscani hanno preso il largo ipotecando di fatto la qualificazione, poi è cominciata la degustazione vera e propria di ogni singolo vino.

IMG_7906Partendo dal Carmignano S. Cristina in Pilli 2015, da uva sangiovese per il 75% a cui vanno ad aggiungersi canaiolo e cabernet sauvignon.

Siamo in una delle docg più piccole d’Italia, un territorio racchiuso esclusivamente nei comuni di Carmignano e Poggio a Caiano, nelle colline intorno a Prato, da sempre zona viticola di gran qualità. Pensate che già nel 1716 un bando del Granduca di Toscana definiva i confini del Carmignano, in una sorta di disciplinare dell’epoca!

Un vino che fin da subito si mette in luce per la suadenza e la piacevolezza dei profumi fruttati e per l’eleganza al palato, dove appare tonico e con un finale lungo e quasi dolce.

Figlio di una macerazione discretamente lunga e di una maturazione di un anno con un mix di legno grande e tonneaux.

Il cabernet viaggia da solo, affina in tonneaux e solo dopo viene assemblato con il resto, contribuendo all’arricchimento del prodotto finale senza tuttavia incidere in maniera marcata sul gusto finale, come altre volte avviene.

A produrre il S. Cristina è Giuseppe Rigoli, titolare della Fattoria Ambra, sempre più cantina di riferimento quando si pensa al Carmignano. Anche perché da 30 anni ha fatto la scelta di vinificare per singolo Cru – sono ben quattro i diversi appezzamenti – e quindi riesce a darci quattro sfumature di Carmignano molto diverse pur in un territorio così limitato.

Vino il Carmignano molto apprezzato dalla platea, che gli ha assegnato il secondo posto in classifica, così da ridarsi appuntamento alla finale di dicembre.

Anche il secondo vino proviene dalla Toscana, quella del Sud però: a metà strada fra il mare e i monti dell’Amiata ecco un anfiteatro naturale pieno di luce a circa 400 metri d’altezza, poco distante da Montalcino, ma già in provincia di Grosseto.

Ecco dove si trova la docg del Montecucco, pizzicata fra Brunello e Morellino e quindi caratterizzata dal vitigno sangiovese che qui, secondo il disciplinare, deve costituire almeno il 90% dell’uvaggio. In realtà quello di Campi Nuovi che abbiamo degustato noi è prodotto esclusivamente con uva sangiovese: elegante e di gran classe al naso, con note mentolate, in bocca è rotondo, pieno e con un tannino ancora giovane.

IMG_7923In tanti hanno pensato a un Brunello e la valutazione ci sta tutta: non per nulla il Montecucco Sangiovese 2015 è risultato essere il vino che ha emozionato di più, protagonista indiscusso della serata. Sarà un piacere riassaggiarlo in finale.

E’ il classico esempio dell’interazione perfetta fra natura e uomo: nasce in un’area dove nemmeno d’estate si raggiungono temperature troppo elevate e si sentono sia l’influenza del mare (Castiglione della Pescaia si vede in lontananza) che dei vicini monti dove d’inverno si scia.

Anche il suolo ha una non comune variabilità che contribuisce ad arricchire la complessità aromatica del vino, a cui poi Daniele Rosellini ci mette molto del suo sapere, agendo con mano delicata.

Sceglie di vinificare in tini di rovere utilizzando lieviti spontanei per dare vita a una macerazione lunghissima (ben 40 giorni), da cui estrae tutto il meglio possibile prima di passare a un affinamento di 12 mesi che avviene negli stessi tini.

E’ anche una bella storia d’amore quella di Campi Nuovi, perché Daniele dopo la specializzazione a Torino (e qualcosa di baroleggiante in effetti c’è nel suo vino), facendo uno studio di ricerca all’università di Firenze sul Brunello (eccolo lì) conosce Nadia, appassionata di agricoltura biologica e biodinamica e così nasce un progetto non solo di vita, ma anche divino!

Anni di ricerca del posto giusto nella loro Toscana fino a trovare nel 2000 l’attuale appezzamento nel mezzo di una natura meravigliosa e dove il progetto Campi Nuovi può prendere vita per generare vini davvero unici: applausi!

La Toscana è finita, non le emozioni.

Che proseguono con una autentica chicca, rappresentata dal ciliegiolo di Narni.

Vitigno del Centro Italia conosciuto ai più per essere utilizzato come taglio del sangiovese per apportare un contributo di profumi fruttati e morbidezza, in realtà ha trovato in alcuni vignaioli tanta e tale dignità da essere impiegato come monovitigno.

Uno su tutti è Leonardo Bussoletti, che di questa uva ne ha fatto una missione e a Narni, nel cuore dell’Umbria, nel centro preciso del nostro Paese, è Presidente di un’associazione di produttori del Ciliegiolo di Narni fatta di sette realtà locali.

IMG_7936Il suo Ramici 2015, che nasce dalla vigna più vecchia, oltre 40 anni, si è rivelato delizioso con le sue sfumature non solo di ciliegia (mica si chiama così a caso!) ma anche tostate e vanigliate. In bocca si prosegue con altrettante sensazioni piacevoli e dolci che danno vita a un vino “facile” da bere, senza asperità alcuna.

E d’altronde il ciliegiolo ha un tannino quasi assente e l’azione del legno, un anno in tonneaux, un anno in botte grande, si fa sentire nel renderlo ancora più morbido e rotondo.

Non male il risultato finale, ancora di più se si pensa che fino a 10 anni Leonardo in realtà era solo un esperto venditore di vino e in così poco tempo è riuscito a dare vita al sogno di diventare vignaiolo valorizzando il suo territorio con un vitigno che tutti gli altri espiantavano a favore di varietà più remunerative: ne produce ben tre tipi diversi di Ciliegiolo, proprio per cercarne le potenzialità massime.

Il quarto vino ci conduce nelle Marche Picene, quasi al confine con l’Abruzzo, nella denominazione dell’Offida.

Qui l’azione combinata mari-monti è ancora più accentuata: brezza del vicinissimo Adriatico di giorno, correnti fredde dai Monti Sibillini la notte.

IMG_7937Vignagiulia 2014 è un montepulciano in purezza, in cui spiccano marcatamente sentori speziati e vegetali: qualche mano alzata inneggia al syrah, a cui si potrebbe in effetti pensare anche per l’intensa profondità cromatica e una struttura molto più polposa in bocca, dopo tre vini decisamente più fini.

Vino molto apprezzato, frutto di una selezione delle migliori uve dell’azienda e vinificato con una macerazione breve e un lungo affinamento di 18 mesi in tonneaux.

Emanuele Dianetti è un emergente autodidatta che ogni anno che passa diventa sempre più punto di riferimento di questo territorio e della denominazione Offida, pur rimanendo vignaiolo per passione e non per mestiere.

La sua storia è infatti quella di un esperto di finanza che dal 2006 comincia a occuparsi anche dei vigneti di famiglia insieme alla infaticabile ed esperta mamma Giuliana, ancora oggi braccio operativo.

Fra studi, prove, osservazioni ed errori è arrivato fino qui, senza la fretta di dover crescere a tutti i costi: solo 18.000 bottiglie all’insegna della qualità assoluta, il resto dell’uva per il momento viene venduta alla cantina sociale come la famiglia aveva sempre fatto.

L’ultimo vino per taluni sarebbe potuta essere una storia già sentita, in quanto Lea Katseli e DivinaLux l’avevamo già proposta nella serata dedicata ai bianchi del Centro con l’Albana di Romagna.

IMG_7941Lea però ci teneva che anche il Victores 2015, il suo Sangiovese Superiore di Romagna, passasse al vaglio dei soci di Viva il Vino!

In realtà nessuno ha avuto la sensazione di un deja-vue mentre scorrevano le immagini di presentazione e solo all’ultima slide, quella con il logo di Divina Lux, finalmente qualcuno se ne è ricordato!

Vino selvaggio, non facilmente domabile né al naso né al gusto, Victores ha ben interpretato il suo ruolo: possente, strutturato, intenso, persistente, di marcata acidità e piuttosto ruvido.

Un vino tosto insomma, che ha avuto bisogno di tempo nel bicchiere per ingentilirsi durante la serata, ma che avrà anche bisogno di tempo per evolvere e ammorbidire le sue asperità con un lungo e lento affinamento in bottiglia.

E d’altronde nasce in un ambiente naturale unico e incontaminato, selvaggio come lui, fra boschi, flora e fauna millenaria nel cuore del Parco Naturale della Vena del Gesso.

Un suolo argilloso e fortemente gessoso, ricco di cristalli detti Lapis Specularis.

E poi una resa molto bassa, solo 60 quintali per ettaro e una coltivazione totalmente biologica a cui segue una vinificazione con operazioni di cantina ridotte ai minimi termini.

Ben 20 mesi poi di maturazione in barriques nell’ambito di un percorso ancora di sperimentazione: basti pensare che l’annata successiva è stata invece affinata totalmente in acciaio.

Classico vino che spacca la platea fra coloro che non cercano il gusto omologato e lo hanno ritenuto il più emozionante della serata e quelli che invece lo hanno considerato troppo diverso dagli altri.

E d’altronde anche la produttrice, la georgiana Lea Katseli, proprio una persona omologata non è: cresce in Israele, pratica arti marziali fino a diventare shaolin kung fu master, si afferma come architetto sostenibile a Londra, decide di dare vita a un progetto di fattoria autosufficiente che sia anche luogo di meditazione e ricerca del benessere psico fisico e lo realizza nell’Appennino Tosco-Romagnolo.

Prossimo appuntamento – auspichiamo altrettanto interessante – con i grandi vini bianchi del Sud a fine ottobre.

Ecco i cinque protagonisti nella foto di gruppo:

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