Emozioni 2018 in Bianco: il Nord

IMG_6193Di Massimo Sainato

Saletta affollata per “Emozioni in Bianco: il Nord”, nella nuova location del Caffè Centrale di Pinerolo.

Iniziale degustazione alla cieca dei vini, con votazione per tutti dei propri due “vini emozione” e poi comincia il viaggio alla scoperta delle etichette.

La prima ci porta in Friuli, sul confine con il Veneto, a ridosso dell’altopiano del Cansiglio, dove negli anni 80 il padre di Alessia Carli, attuale proprietaria, scoprì il suo piccolo angolo di paradiso in un clima asciutto e ventilato.

IMG_6197Una zona meno blasonata rispetto al Collio o ai Colli Orientali, qui recuperare la vite a seguito di decenni di incuria non è stato facile, ma oggi l’azienda Rive Col de Fer, diventata nel frattempo il mestiere e la vita di Alessia e del marito, fa nascere vini interessanti come l’Arabis, connubio fra il “veneto” vitigno manzoni bianco nato negli anni ’30 alla scuola enologica di Conegliano e la “friulana” uva malvasia istriana, con l’aggiunta di una piccola quantità di verduzzo.

Ci colpisce l’insieme: la mineralità della malvasia, le sensazioni floreali del manzoni, ma anche una certa aromaticità e mielosità apportate dal verduzzo.

Non è facile fare qualità quando sei in un territorio dove le cantine sociali hanno in mano il mercato, eppure questa piccola realtà (25.000 bottiglie in tutto) ci sta riuscendo: vini buoni a prezzi competitivi come l’Arabis, che costa sui 10-12€ a bottiglia.

IMG_6201Una storia tutta al femminile ci porta invece in Piemonte, nel cuore della docg del Gavi, dove tre sorelle, avvocato, storico d’arte e biologo, dal 2011 diventano vignaiole a causa della mamma che aveva casa proprio in mezzo ai vigneti di cortese senza possedere nemmeno una vite.

Si tratta delle sorelle Rosina, oggi proprietarie dell’azienda agricola La Mesma, arrivata a una produzione di 70.000 bottiglie tutte di cortese, con sfumature diverse a seconda della zona di provenienza delle uve.

Il Vigna delle Rovere Riserva, da ceppi di oltre 50 anni, con una resa di soli 65 quintali per ettaro, si mette in luce per la grande bevibilità e per la non comune caratteristica di apparire contemporaneamente sia quasi salino che fruttato. La vinificazione in cemento e l’affinamento in acciaio ci restituiscono per intero ciò che è il cortese e ciò che è il territorio per valorizzare appieno lo stile aziendale finalizzato ad esaltare la denominazione del Gavi.

IMG_6203Con il terzo bicchiere si ritorna ad Est, questa volta nel Veneto dei Monti Lessini e dei Colli di Gambellara. Un’altra bella sorpresa perché i pochi che conoscono il Durello di solito lo associano alla bollicina e in effetti Renato Cecchin è uno dei padri fondatori dello spumante Lessini Durello. E’ anche grazie a lui, ingegnere di origine contadina, se la durella è arrivata a noi, in un territorio dove stava sparendo a favore della più nota garganega della confinante area di Soave.

La vibrante acidità di quest’uva e le indubbie capacità di Renato (e ora anche della figlia Roberta) hanno però portato brillanti risultati su tutta la gamma di vinificazione, dalla bollicina al passito passando attraverso i bianchi semplici e complessi, per un totale di 25.000 bottiglie che l’azienda Casa Cecchin produce annualmente.

Fra cui solamente 1.300 del Pietralava. Già dal nome possiamo cogliere l’origine prettamente vulcanica di tutta quest’area, a dare un’ulteriore impronta di unicità a questo vino, la cui mineralità è indubbiamente la caratteristica predominante. Ma non è l’unica, perché una vendemmia molto tardiva e un vigneto di quasi 40 anni contribuiscono a renderlo anche polposo e pieno di calore. Così come la complessa vinificazione che parte da una macerazione a freddo di 15 ore e finisce con un lungo affinamento di almeno 18 mesi a contatto con le fecce.

IMG_6185Il viaggio continua e nessuno si sarebbe aspettato di finire in Brianza, che con tutti i clichè sui suoi ricchi e un po’ volgari abitanti dediti al soldo, non assoceresti certo a una serata sui piccoli vignaioli.

E invece prima Giordano Crippa e ora anche la figlia Claudia che si occupa della produzione dopo gli studi in viticoltura ed enologia hanno creato un piccolo gioiello a un’ora di macchina da Milano, che non è solo cantina, ma anche ristorante e buon retiro, grazie ad alcuni mini appartamenti ricavati dalla ristrutturazione di una casa colonica del ‘700.

Fra i terrazzamenti di Montevecchia, nel parco regionale del Curone, in provincia di Lecco vicino ai Laghi, ecco La Costa, 12 ettari vitati, 40.000 bottiglie prodotte in un territorio che non ha certo una storia vinicola consolidata, ma che ha un microclima molto adatto.

E’ qui che nasce il Solesta, un riesling renano di eleganza e complessità, con una piccola percentuale di manzoni bianco. Il riesling va per metà in legno e per metà in acciaio e solo dopo un anno si ha l’assemblaggio finale in vasche di cemento.

Così complesso da essersi guadagnato l’accesso alla finale del Vino Emozione con una rimonta costruita nella votazione di fine serata, che raramente sposta gli equilibri.

Quando cioè nel bicchiere ha potuto esprimere tutto il suo potenziale.

IMG_6182L’ultimo vino degustato è stato indiscutibilmente il “Vino Emozione”, risultando il più votato in entrambe le tornate, sia in quella di apertura che di chiusura e segnando probabilmente anche un passaggio chiave nella maturità degustativa della platea.

“Questo vino difficilmente sarebbe stato il più votato qualche anno fa” ha esclamato il nostro socio Beppe, uno che la sa lunga!

Già il colore giallo ambrato lasciava trasparire la marcata differenza rispetto agli altri, sensazioni poi confermate e rafforzate sia a livello olfattivo che gustativo. Dove la trama è risultata piuttosto spessa con possibilità di divertirsi nel cercare di cogliere sensazioni terziarie molto diverse in aggiunta alle erbe aromatiche e dove al gusto è apparso lungo, caldo, possente, di gran sapidità e caratterizzato da una notevole spalla acida.

Stiamo parlando del Bianco di Castellada, uno dei cosiddetti “orange wine” che nasce in Friuli, nell’estremo lembo di terra che divide i Colli Orientali con la Slovenia, nella minuscola encave di Oslavia, quella per intenderci di Gravner, di Radikon, di Primosic e di tanti altri nomi importanti per gli amanti dei vini Cult. Fra cui anche la famiglia Bensa con La Castellada, fra le prime ad avere dato vita ai cosiddetti bianchi macerati, recuperando la tradizione locale, cioè i bianchi fatti come se fossero un vino rosso, con la lunga macerazione durante il processo di fermentazione.

Il risultato chiaramente non si limita al colore, ma sono vini “diversi” da un bianco classico anche negli altri aspetti degustativi.

Questo peraltro è il vino dell’azienda a fare la macerazione più breve ed è un blend di pinot grigio (50%), chardonnay (30%) e sauvignon (20%).

Nasce da vecchie vigne (quasi 50 anni) dalla resa molto bassa (45 q/ha) ed è un vino che vive sia la fermentazione che una parte rilevante di affinamento in legno.

Dopo l’assemblaggio l’affinamento continua con ancora due anni in acciaio e uno in bottiglia, al punto che l’annata in degustazione, la 2011, in realtà per l’azienda è l’ultima in commercio!

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