CORSO DI AVVICINAMENTO AL VINO – 2011

Iniziare a tenere questo corso di avvicinamento al vino affiancando l’amico e collega Massimo nell’impresa non semplice di fornire in otto lezioni degli strumenti di giudizio degustativo alla nostra piccola platea di appassionati in materia, è stata una vera scommessa. Massimo è un vulcano di idee, un fiume in piena che ti coinvolge in ogni incredibile impresa, e anche quando ho pensato che quel che aveva in mente fosse impossibile (tipo preparare e far assaggiare diciotto soluzioni diverse di acqua e macro sensazioni gustative e tattili, o servire in un’unica serata dieci grandi vini in un ipotetico giro d’Italia dalle Alpi all’Appennino centrale), lui ha brillantemente dimostrato il contrario con maestria e determinazione. Le settimane manco a dirlo sono filate via una dietro l’altra, ed è già ora di tirare le fila e fare dei bilanci. Ecco dunque una sorta di riassunto delle puntate precedenti, con impressioni degustative che toccheranno un po’ tutto il panorama di vini che abbiamo avuto il piacere di assaporare e conoscere, a mano a mano che le tematiche introduttive di allevamento della vite e di vinificazione, di tecnica della degustazione e analisi sensoriale, procedevano ben tratteggiate (evviva power point e i proiettori usb) e soprattutto gli sguardi dei nostri ‘allievi’ si trasformavano da timorosi e disorientati, a curiosi, affascinati e cosapevoli.

l’aperitivo:

niente di meglio che partire con il Franciacorta Brut docg di Barone Pizzini, cento per cento chardonnay per una bollicina elegante e facile, di immediatezza e fragranza che conquistano al primo assaggio, e confermano per l’ennesima volta il bel lavoro fatto in quel del lago d’Iseo in materia di rifermentazione in bottiglia. Azienda e vino che non conoscevo, voto 8

notevole il Pietranera 2009 di Marco de Bartoli, zibibbo vinificato secco e chiuso con elegante tappo di vetro. Il quadro olfattivo spazia dalle note aromatiche del vitigno, attraversando frutteti in fiore e lande vulcaniche assolate. Una sicilianità fatta di schiettezza e immaginazione. Voto 9

Ancora Sicilia nel Brut della Duca di Salaparuta, semisconosciuto metodo charmat lungo con sei mesi di permanenza sui lieviti, da uve grecanico e chardonnay. Anche se non raggiunge l’eleganza dei metodo classico è uno di quei brut da tenere in cantina per ogni evenienza, gradevole, fruttato, immediato. Perfetto per aperitivi estivi molto affollati. Voto 7+

il Lambrusco Marcello di Ariola, una spuma invitante, cremosa e compatta, in rapida evanescenza, e i profumi vinosi tanto da sembrare aromatici, fruttati e intensi di more e caramelle. Alternativa accattivante e spensierata per uscire dai soliti rigorosi schemi del happy hour e divertirsi davvero. Voto 9

le sorprese:

didatticamente pansavo sarebbe stato utile far capire che un vino bianco del 2002 per quanto fatto nel Collio e da una grande azienda con caratteristiche assolute di qualità e serietà, potesse presentare alcune note di maturità (nel colore soprattutto, ma anche all’olfatto e soprattutto al gusto) che denotassero una certa evoluzione, anche a rischio di riscontrare un leggero decadimento. E invece il Collio Chardonnay 2002 Ronco Bernizza di Venica, dimenticato per lunghi anni nella mia fresca cantina, ha sfoggiato un bel colore paglierino pieno, un naso fresco di fiori e sensazioni minerali e erbacee, e al gusto una muscolosa giovinezza innervata da acidità e sapidità ben sorrette dal grado alcolico. Chapeau. Voto 9

il Poully-Fumè 2009 di Cedrik Bardin, per comprendere che il Sauvignon più classico ed elegante ha profumi e connotazioni abbastanza diversi da quelli cui ci siamo anche troppo rapidamente abituati in Italia. Profumi nitidamente minerali, mai macchiati di animalismi, volendo erbacei e di pesca, fitti e racchiusi in una polpa ancora troppo giovane ma molto più che promettente. A parte il fatto che mi sono innamorata del nome ‘Cedrik’… voto 10

il Barolo 1993 di Francesco Rinaldi. Un po’ meno noto di altri produttori super tradizionalisti e territorialisti di Barolo, mi ha sorpreso soprattutto per fittezza e complessità, austero ed elegante proprio comme il faut, annata di cui non si è mai detto nulla di buono e che invece ha svelato diciotto anni perfettamente calibrati in pienezza ed evoluzione. Voto 8+

un pelino al di sotto delle mie aspettative il Brut Classique di Aubry, che ricordavo con toni ancora più nitidi e personalità più incisiva. Ho capito però che la sboccatura troppo recente (gennaio 2011) ha avuto il suo peso e credo che qualche mese in più di ‘riposo’ non possa che fargli bene. In ogni caso è emerso nettamente sugli altri come il miglior vino nella serata sulle bollicine. Voto 8

il Chianti Rufina Nipozzano Riserva 2006 dei Marchesi de Frescobaldi. Complesso e persistente, di grande equilibrio gustativo e sensazioni aromatiche intense ben definite in un lungo finale. Tutte le qualità di un grande rosso in ogni fase dell’esame organolettico. Voto 9

le conferme:

il Pinot nero Meczan 2009 di Hofstatter in primis. Una garanzia per quando si cerca un vino giusto, da bere facile senza essere artefatto o banale. Voto 7

Il Burdese 2006 di Planeta. Così come te lo aspetti, rosso scuro impenetrabile, piperonale e al contempo ampio, con grandi sensazioni gustative, ordinate e possenti. Sicilia internazionale da novanta punti, voto 8

il Trebbiano d’Abruzzo 2007 di Emidio Pepe. Tra i più famosi e celebrati Triple A, un concentrato di bizzarrie antienologiche, poco limpido e dai profumi ruvidi ma davvero unici e stimolanti. In bocca dimostra tutta la sua stoffa tannica da grande bianco biodinamico, raro e meravigliosamente imperfetto. Voto 8

il Franciacorta Brut Francesco I di Uberti. Più mi capita di assaggiare gli spumanti di questa azienda e più me ne innamoro. In questo caso un profilo olfattivo solo apparentemente semplice, ma un dosaggio perfetto e di gran classe hanno fatto da contorno a un tripudio di bollicine veloci, piccolissime, incantevoli. Voto 9

Il Gavi di Gavi de La Scolca, minerale, floreale, fruttato, erbaceo e ampio, con carattere ed eleganza da grande bianco internazionale e l’onestà e la classe di un autoctono un po’ ‘fuori dal giro’ e sempre troppo relegato a un consumo banchettistico e a un’idea di mediocrità da seppellire. Voto 9

il Roero 2006 di Filippo Gallino, racchiude l’eleganza del nebbiolo e la ricca espressione del Piemonte più classico. Averne in cantina! voto 8

il Gattinara Tre Vigne 2005 di Travaglini. Nitido e bellissimo nel colore tenue del nebbiolo acceso da una lucentezza tipica di un terroir fortemente minerale. Naso ancora da complessare e irruenza giovanile in bocca; bottiglia di gran stoffa ma da aspettare ancora lungamente per coglierne il meglio. Voto 8+

Lo Sfurzat della Valtellina San Domenico 2004 di Triacca, perfetto nell’equilibrio tra tannini sottili, freschezza moderata e un abbraccio caldo di morbidezze quasi dolci. Già pronto e perfettamente evoluto. voto 9

le dolcezze:

il Vigna del Volta de La Stoppa, Malvasia dei colli piacentini biodinamico passito del 2006. Uno spettacolo inaspettato di miele e confetti, pesche ripiene di amaretti e cioccolato, dolce opulenza che non  tralascia una vena spiccata fresca e sapida. Strappa applausi anche alla mia testarda ritrosia verso i biodinamici, forse proprio perchè tralasciamo entrambi, per una volta, l’integralismo. Voto 10

il Loupiac Chateau du Cros 1996 di Michel Boyer. Fratellino minore del Sauternes, ammetto di averlo taciuto, sottovalutato e maltrattato per lunghi anni quando avrei potuto venderlo in enoteca se lo avessi semplicemente stappato e assaggiato. Beh…meglio. Così adesso ne ho ancora un tot di bottiglie ‘avanzate’ nella mia cantina personale :) Voto 8

il PX di Bodegas Toro Albalà, di una concentrazione sciropposa e soprendente nei colori biondo scuri sfumati di mogano. Dolce ricchezza, uno scrigno di frutta secca, caramello, marmellata, pietre al sole e terra spaccata. Voto 9

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