SERATA BOLLICINE D’ESTATE – 13 giugno 2012

La massima deduzione che ho tratto dalla recente serata sul Metodo Classico in Italia, tenutasi mercoledì scorso al Museo del Gusto di Frossasco è che il Metodo Classico in Italia non finirà mai di soprendermi. Premetto che a queste serate di approfondimento io, che mi occupo della selezione, del servizio e della degustazione dei vini campione, sono l’unica che non degusta alla cieca. Neanche Max, mio collega che tiene la parte teorico-introduttiva e seleziona i vini con me, nè Carolina che intrattiene le relazioni coi produttori e con i fruitori delle serate, e di fatto ha in pugno l’organizzazione dell’evento, nemmeno loro che bene o male sanno quali siano i prodotti in gioco, hanno ben chiaro cosa doversi aspettare da ogni singolo vino; mentre io, vantaggio o svantaggio che sia, decidendo a priori la sequenza dei vini, ne conosco il valore o la fama o semplicemente la scheda tecnica, ed inevitabilmente ho al riguardo delle aspettative. Ebbene nella serata in questione, ho proprio voluto mettere in sequenza i vini in scala di intensità delle sensazioni e di struttura ed evoluzione dei vini, perciò dal più semplice a più complesso per come me li sarei aspettati in linea teorica. Altra premessa è che la selezione dei vini che andiamo a proporre, avviene ovviamente in base a parametri qualitativi arci noti, ma anche e soprattutto tende a non proporre mai vini banali, magari blasonatissimi ma che proprio per questo godono di grande visibilità e si possono comunque acquistare spesso in bottiglia o anche al bicchiere.

In base a questi elementi ad esempio il Franciacorta Saten Magnificentia di Uberti, metodo classico di gran classe da sole uve Chardonnay che già amavo visceralmente io a priori, con tutti i miei calcoli lo avevo intanto posizionato circa a metà della scala (mi pare sia stato servito come campione numero 5 su un totale di 8 vini), e poi avrei scommesso che per via della sua innata delicatezza non avrebbe colpito nel segno, semplicemente perchè messo a confronto con altri metodo classico di altrettanto grandissima levatura, ma con permanenze sui lieviti tali e conseguenti strutture e complessità ben maggiori. Mai previsione fu più sbagliata!! perchè a fine serata nella classifica stilata dalla nostra piccola grande platea di trenta appassionati, è stato proprio lui, il Magnificentia a risultare come numero uno. La sua bollicina sottile e vivace, il suo intenso profumo di burro e fiori dolci, la sua nitida fierezza gustativa con la spuma mai davvero pungente e la ineguagliabile eleganza, hanno conquistato davvero tutti. E se superficialmente può sembrare banale che sia un Franciacorta a prevalere in una seppur piccola rappresentazione della bollicina italiana, per me banale non lo è, e anzi è cosa che deve far riflettere.

Non sto a tediare con il resto della classifica, anche perchè sarà Max nel suo periodico report a dare ulteriori delucidazioni al riguardo, ma voglio spendere più di qualche riga per raccontare di quante e quali altre meraviglie del panorama enologico italiano abbiamo potuto apprezzare l’unicità. Mai sentito parlare ad esempio di Metodo Classico Ancestrale? ecco, io no! E’ Stefano Grilli nella sua azienda La Palazzola a praticarlo, in quella che forse è la più sottovalutata delle produzioni di bollicine, cioè quella Umbra della provincia di Terni. Il metodo ancestrale consiste nel mantenere nel vino base una quantità di zuccheri originali dell’uva ed utilizzarli per la presa di spuma, ragion per cui le uve -contrariamente alla norma- vengono vendemmiate quando il grado di maturazione zuccherina è al suo apice, ottenendo non solo maggior estratto e ricchezza ma soprattutto migliore corrispondenza tra terroir d’origine e vino finale. Un applauso al Rosè Brut millesimato 2009 che ha aperto la nostra serata con un bel colore ramato e un perlage non invadente, profumi tenui ed eleganti e un bel finale pulito e avvolgente.

Un monumento, un colosso, una certezza appagante e convincente fino in fondo, da bere e ribere in un’infinità di ripetizioni il Trento doc 976 Riserva del Fondatore di Letrari. Attenzione, parliamo di vendemmia 2000 e sboccatura 2012…. centoquarantaquattro mesi di permanenza sui lieviti! E bisogna capire che non solo il vino aveva la forza, il carattere, la complessità che ci si deve aspettare da una vinificazione estrema di questo tipo, ma aveva soprattutto una lunghissima vita davanti…! struttura e freschezza in bella mostra, eleganza, sapidità e ampiezza inesauribile dei profumi, convincente nel suo giallo paglierino un po’ dorato e nella sua autorevolezza. Uno di quei vini che piacciono a me, e che dovevo prima o poi scoprire :)

A conferma del fatto che lasciando maturare appieno gli spumanti sui loro lieviti, ne esaltiamo e complessiamo i profumi e la struttura e la ricchezza gustolfattiva, consiglio di cuore a tutti di cercare, comprare e assaggiare l’Esmery’s di Dora Sarchese. Nell’entroterra di Ortona (Chieti) da vitigno autoctono Cococciola, in assemblaggio a Trebbiano e Chardonnay; l’azienda con questo brut metodo classico propone uno straordinario centoventimesi -dieci anni!!- di lenta autolisi e dal grandissimo quadro degustativo. Il colore è un bel giallo dorato pieno e preannuncia profumi intensi di pane, miele e cera d’api; tutti confermati al naso, con un tocco suadente di zafferano. Il perlage di gran classe e la lunga persistenza completano l’opera d’arte, che magistralmente esprime il carattere e la bellezza di un territorio attraverso l’uso dei suoi vitigni di origine.

Fa parte di quelle bollicine super conosciute, che tutti prima o poi hanno sentito nominare e consigliare, vuoi per la coltivazione ad aberata tradizionale di Aversa, vuoi per l’acidità spiccata che per un vitigno autoctono del meridione d’Italia è cosa insolita, vuoi per l’abbinamento territoriale perfettamente riuscito con la pizza. E’ l’Asprinio di Aversa Extra Brut di Grotta del Sole, che personalmente non avevo mai assaggiato prima. Trentasei mesi di permanenza sui lieviti e una bella spuma ricca e consistente aprono su profumi terziari decisi e sul giallo della paglia più tipico. In bocca colpisce certamente per la sua personalissima acidità, aspra come dice il nome, in un certo senso ‘acetosa’ passatemi il termine, estremamente rinfrescante e appagante.

E veniamo ora alle conferme. Parliamo ad esempio del Riserva Elena millesimato 2007 di Rocche dei Manzoni. Siamo in Piemonte ma i vitigni sono Chardonnay e Pinot nero. Lungo l’affinamento in cantina con almeno 48 mesi, questo è da sempre un metodo classico da avere in casa per tutte le evenienze. Non costa caro, è di grande qualità, sensibilmente superiore al prezzo, e si presta ad un ampissima gamma di abbinamenti a tavola. Cioè non releghiamolo di certo all’antipastino o al pesce, ma osiamo un bel sugo di noci, una scaloppina al marsala, un formaggio a crosta fiortita.

E cosa dire del Methius Brut Riserva trento doc di Dorigati, altra conferma della serata. La classe del Trentino si esprime qui ad altissimi livelli, con un prodotto di grandissimo equilibrio, pienezza gustativa  e fascino. Dal sapiente assemblaggio di Chardonnay e Pinot Noir, sessanta mesi sui lieviti compiono questa meravigliosa combine tra frutta candita e pasta lievitata, burro e richiami minerali sullo sfondo, e una bollicina sottilissima. Infine un grande tra i giganti, così come amiamo fare nelle nostre serate, abbiamo nascosto in mezzo agli altri un metodo Charmat di grande stile, il Prosecco extra Dry Giustino B. di Ruggeri. Non ha ingannato nessuno, col suo naso aromatico e fruttato e col perfetto residuo zuccherino, grandemente riconoscibile e soprattutto disimpegnato e gradevole. Il colore chiarissimo e verdolino, e la spuma compatta con bollicine meno persistenti, hanno svelato le carte. Perfetto come suggerisce Max, da bere in terrazza a fine giornata, volendo anche davanti ad un romantico tramonto.

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